6 ott 2007

Una fonte per la botte...

Se Jonathan Swift avesse letto l'opera tedesca di cui si parla nella Prefazione a G. A. Junker-Liebault, Théatre Allemand: ou Recueil des meilleures pièces dramatiques, tant anciennes que modernes, qui ont paru en Langue Allemande, Précédé d’une dissertation sur l’origine, les progrès et l’état actuel de la Poèsie Théatrale en Allemagne, 2 Voll., Paris, 1772 (vedi anche Sketch of the Origins and Progress of Dramatic Poetry in Germany, «The Edimburgh Magazine», IV, August 1786, pp. 92-94), ad opera dei suddetti “antologisti”, potremmo forse avere una fonte per la sua celebre Favola della Botte (Tale of a Tub, 1704), magnificamente tradotta da Gianni Celati, che, ormai molti anni fa (si parla del 1998 o 1999) nell’ Hangar di Palazzo Nuovo, mi disse che per trovare un italiano adeguato e paragonabile a quello di Swift stile non poté rifarsi all'italiano del Settecento, quello di Beccaria e Verri per intenderci, ma ebbe bisogno di ricorrere alle Operette Morali del Conte Leopardi. Questo perché la storia letteraria di una lingua si muove seguendo non la cronologia storica, ma gli autori, che se la portano in bocca. Gianni Celati mi regalò allora alcuni suoi testi che forse un giorno pubblicherò su queste pagine clandestine: per ora mi limito a riportare qualche sua parola da un intervento su Swift per far capire qualcosa del suo ammirevole stile e per ricordare di quanta passione, impegno e levità ci sia bisogno per fare buona saggistica, indicando, fra l’altro, il suo Finzioni Occidentali come assoluto modello saggistico, note comprese. È l’unico libro di critica di cui nel 2001 feci un intera sinossi scritta fitta fitta su un quadernino delle elementari. Dopo aver ricordato la recente riedizione della geniale Modesta Proposta, testo il cui lunghissimo tiolo imparai a memoria in quarta liceo, affascinato e divertito, gli lascio la parola:

Oggi parlerò di Jonathan Swift, e il mio racconto comincia quando facevo l'università e mi è venuta la passione per Swift, ma una passione così forte che volevo tradurlo tutto. Avevo poco più di vent'anni, e mi sono messo a tradurre per conto mio quella che forse è la sua opera più stupefacente, intitolata Tale of a Tub, che fino ad allora non era mai stata tradotta in italiano. In realtà dopo sono andato avanti per oltre vent’anni a rifare quella traduzione, che finalmente è giunta in porto ed è stata pubblicata col titolo Favola della botte. Finita l’università ho avuto una borsa di studio che mi ha permesso di passare due anni a Londra, a studiare nella biblioteca del British Museum, e lì quello che volevo studiare e tradurre erano I viaggi di Gulliver, l’opera a cui è legata la fama universale di Swift. Ma anche questa traduzione si è arenata, ed è riuscita a vedere la luce solo due anni fa, soprattutto per via di lunghe rimuginazioni sull'autore che non riuscivano a trovare una conclusione. In breve, tanta è stata la mia passione per Swift, altrettanto forte è sempre stata la mia sensazione di non riuscire ad afferrarlo bene. Più precisamente dirò che, anche se letti e riletti per anni, i suoi discorsi restano elusivi e sfuggenti rispetto ai giudizi e le opinioni che ce ne facciamo…

Nessun commento: