L’idea di un falso decoro, di una voce che non appartiene, di una forma che non rappresenta in maniera adeguata, è una costante di tutto il XX secolo. Tanto che "l’inverso del decoro" ha potuto diventare quasi sinonimo di “realtà”. Quella di Liliane Wouters è una presa di distanza dal decoro come armonia del mondo a favore del désaccord che è proprio di una voce reale, viva, autentica. È un problema formale ed emotivo insieme.
Nella modernità il concetto classico di decoro è forse quello che più ha subito le conseguenze di quella “fine delle convenzioni a favore del realismo” a suo tempo individuata da T. S. Eliot e per avere un’idea di quanto avanti si sia spinto questo processo si può leggere quanto scrive Michal Houellebecq nel suo “méthode” del 1991:
Creusez les sujets dont personne ne veut entendre parler. L’envers du décor. Insistez sur la maladie, l’agonie, la laideur. Parlez de la mort, et de l’oubli. De la jalousie, de l’indifférence, de la frustration, de l’absence d’amour. Soyez abjects, vous serez vrais».
M. Houellebecq, Rester Vivant – méthode, La Différence, 1991 (rist. insieme a La poursuite du bonheur, Paris, Flammarion, 1997, p. 27).
Negli anni Cinquanta e Sessanta una certa critica cattolica reazionaria, spiritualista e filomonarchica, in nome del decoro amava scagliarsi contro il “crudo realismo” di certe opere, film e romanzi soprattutto. Un esempio potrebbe aversi operando uno spoglio della critica cinematografica dell’«Osservatore Romano» tra il 1950 e il 1989. Houellebecq l’autore che oggi parrebbe più lontano da tali posizioni pare però condividere, in merito al rapporto su decoro e realtà, una posizione più vicina al Vaticano che alla nostra Wouters. L’opposto del decoro non è il disaccordo ma la verità e la realtà, “nuda e cruda”, anche nella sua abiezione. Houellebecq nel suo Metodo per restare vivi, inedito in Italia (chi si ricorda del geniale Manuale di autodistruzione di Bordini?) sostiene: “scrivete l’inverso del decoro e sarete veri”. Illusione. Non pia forse, ma illusione sempre. Montaigne si interrogava sulla “tirannia del costume”; oggi, con altrettanto pervasiva ed invisibile pregnanza possiamo interrogarci sulla “tirannia del decoro” che si manifesta a noi in forma di Comunicazione/Informazione e Tecnica. Oggi Comunicazione e Tecnica impongono il “luogo del discorso”. E il “luogo del discorso” è la base ineludibile della legittimità. “Il mezzo è il messaggio” diceva McLuhan e milioni dopo di lui, ma forse non è più così (ed alcuni businessmen lo hanno anche teorizzato p. es. Augusto Preta, Economia dei contenuti. L’industria dei media e la rivoluzione digitale). Ma il decoro non è solo il mezzo e non è neanche il messaggio. Il “tiranno-decoro” è l’opportunità. Il luogo e il tempo, l’occasione giusta perché l’impossibile accada.
Nella modernità il concetto classico di decoro è forse quello che più ha subito le conseguenze di quella “fine delle convenzioni a favore del realismo” a suo tempo individuata da T. S. Eliot e per avere un’idea di quanto avanti si sia spinto questo processo si può leggere quanto scrive Michal Houellebecq nel suo “méthode” del 1991:
Creusez les sujets dont personne ne veut entendre parler. L’envers du décor. Insistez sur la maladie, l’agonie, la laideur. Parlez de la mort, et de l’oubli. De la jalousie, de l’indifférence, de la frustration, de l’absence d’amour. Soyez abjects, vous serez vrais».
M. Houellebecq, Rester Vivant – méthode, La Différence, 1991 (rist. insieme a La poursuite du bonheur, Paris, Flammarion, 1997, p. 27).
Negli anni Cinquanta e Sessanta una certa critica cattolica reazionaria, spiritualista e filomonarchica, in nome del decoro amava scagliarsi contro il “crudo realismo” di certe opere, film e romanzi soprattutto. Un esempio potrebbe aversi operando uno spoglio della critica cinematografica dell’«Osservatore Romano» tra il 1950 e il 1989. Houellebecq l’autore che oggi parrebbe più lontano da tali posizioni pare però condividere, in merito al rapporto su decoro e realtà, una posizione più vicina al Vaticano che alla nostra Wouters. L’opposto del decoro non è il disaccordo ma la verità e la realtà, “nuda e cruda”, anche nella sua abiezione. Houellebecq nel suo Metodo per restare vivi, inedito in Italia (chi si ricorda del geniale Manuale di autodistruzione di Bordini?) sostiene: “scrivete l’inverso del decoro e sarete veri”. Illusione. Non pia forse, ma illusione sempre. Montaigne si interrogava sulla “tirannia del costume”; oggi, con altrettanto pervasiva ed invisibile pregnanza possiamo interrogarci sulla “tirannia del decoro” che si manifesta a noi in forma di Comunicazione/Informazione e Tecnica. Oggi Comunicazione e Tecnica impongono il “luogo del discorso”. E il “luogo del discorso” è la base ineludibile della legittimità. “Il mezzo è il messaggio” diceva McLuhan e milioni dopo di lui, ma forse non è più così (ed alcuni businessmen lo hanno anche teorizzato p. es. Augusto Preta, Economia dei contenuti. L’industria dei media e la rivoluzione digitale). Ma il decoro non è solo il mezzo e non è neanche il messaggio. Il “tiranno-decoro” è l’opportunità. Il luogo e il tempo, l’occasione giusta perché l’impossibile accada.
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