10 lug 2007

Restaurazione o Speranza? Gianni D'Elia, Ernst Bloch, Tonino Guerra, Ratzinger, Boy George...

Nel recente festival della poesia di Parma al Punto Einaudi sabato per l'aperitivo arriva a sorpresa Gianni D'Elia che legge dal suo ultimo libro le storie dei suoi Trovatori. Dice che la sua antipatia per Ratzinger risale a quando molti anni fa lesse le sue critiche ad un filosofo per altri versi molto amato dalla cultura cattolica italiana degli anni sessanta: il filosofo marxista Ernst Bloch (1885-1977)
Il "principio speranza" come "ontologia del non ancora esistente" è la figura speculativa centrale della sua filosofia. Secondo Bloch una giusta filosofia non deve mirare a studiare ciò che è ma a preparare ciò che ancora non è. Dietro ci sta "l'impensato che bisogna pensare di Heidegger" ma nel suo dire che "il mondo veramente degno di essere vissuto dev'essere ancora costruito" c'è un indubbio potenziale eversivo. Il compito dell'uomo creativo è dunque quello di creare il mondo giusto che ancora non esiste e per questo elevato compito la filosofia deve svolgere una funzione decisiva: essa è il laboratorio della speranza, l'anticipazione del mondo di domani nel pensiero, anticipazione di un mondo ragionevole e umano. Un mondo che non più formatosi mediante il caso, ma che può essere pensato e realizzato . Nel contesto storico degli anni Sessanta-Settanta che smotta sul nostro presente mi pare che si confondano la speranza che si identifica con l'elpis paolina e l'ottimismo di Tonino Guerra che si becca la cagata in faccia. Per Bloch (e per alcuni dei tanti intellettuali che lo seguirono, cattolici (come Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Lorenzo Milani, Mario Gozzini) e laici (come Lelio Basso), l'ottimismo fu forma ed espressione della fede nella storia, ed è perciò doveroso per una persona che vuole servire alla liberazione, l'evocazione rivoluzionaria del mondo nuovo e dell'uomo nuovo. Fu questa infondo l'eredità illuminista ereditata dal romantico Hugo nella sua Prefazione a Hernani e credo che lo stesso discorso valga anche per i "miserabili" cattolici Coccolini e Zaccuri ospitati da Giuseppe Genna.
La speranza è perciò la virtù di un'ontologia di lotta, la forza dinamica della marcia verso l'utopia. Leggendo Bloch, Ratzinger interpreta la sua speranza come ottimismo e come fiducia nel progresso e probabilmente calca un po' troppo la mano su questo punto (visto che ben nota è la critica di Bloch alla linearità del progresso). Secondo Ratzinger la "virtù teologica" di un "Dio nuovo" e di una "nuova religione" è la virtù di una storia divinizzata. Una "storia" di Dio, dunque, ma del grande Dio delle ideologie moderne e della loro promessa. Questa promessa è l'utopia, da realizzarsi per mezzo della "rivoluzione", che per sua parte rappresenta una specie di divinità mitica. Ratzinger in fin dei conti attacca la divinità illusoria della storia che pone dio al suo servizio. Peraltro chi non crede nelle "magnifiche sorti umane e progressive" non è mai visto di buon occhio, e tuttavia non potendo fare del pontefice un nichilista leopardiano, questo suo pessimismo, in un dibattito della metà degli anni Ottanta attorno al suo Rapporto sulla fede, lo rese un conservatore reazionario.
Allora, alla metà degli anni Ottanta l'attenzione dei suoi critici si catalizzò attorno ad una parola che in questi ultimi due anni si è diffusa nel mondo delle lettere e della rete "Restaurazione". (si veda l'articolo di Antonio Moresco dell'aprile 2005 nella prima Nazione Indiana e ricordi, chi c'era, l'incontro di Torino del maggio, in cui lesse il Cantico di San Francesco e abbandonò il gruppo assieme ad altri membri fondatori). Di questa restaurazione eccone una radice appena sepolta sotto due dita di polvere storica, al tempo che Boy George era una star internazionale e non un Dj al Bajda di Noli. Di tutto questo pare che a D'Elia non importi moltissimo, e il suo accenno al pontifex conta meno di una poesia attorno al fuoco, meno delle voci che parlano in un mare di tela azzurra, meno dei muratori che lavorano sulle impalcature fuori della sua casa di Pesaro. La restaurazione pare non l'abbia sfiorato e, non me ne voglia, rispetto all'apetura a più voci dei Trovatori, mi pare si trovasse più a suo agio in una "bassa stagione".

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