Una volta a Pozzolo Formigaro ho visto sulla sarracinesca di un Garage la scritta: "è tutto loro quello che luccica". Risi perchè agli anonimi restano le idee che non stanno sulla mappa. Ma non fraintendiamo, vero è come ci ricorda Alfred Korzybski che "la mappa non è il territorio che essa rappresenta" (Science and sanity, 1933) ma se è esatta, la mappa ha una struttura simile a quella del territorio, che ne spiega l'utilità". Ma alla mappa manca la profondità e la profondità come corpo e dimensione di qualcosa in qualcos'altro, in letteratura è tutto. Preferisco pensare allora che la mappa è, secondo l'antica etimologia fenicia ripresa da Quintilliano, la tovaglia da pranzo. Viviamo in un tempo in cui tutto s'apparecchia e non si mangia mai. E tuttavia in questo forzato digiuno ogni briciola sazia come le dolci barette che mangia chi va verso il polo, e resta sazio per quattro o cinque giorni. Cerco di immaginare Aldo Nove, ad otto anni di fronte a Guido Ballo che declama l'inconprensibile a Viggù. E lì, di fronte il nascere di mille altri ripenso che ho visto molto in ritardo a diciotto anni il mio primo poeta in carne ed ossa in una grande sala di Torino. Sotto un lampadario scintillante a dodici braccia lui diceva alle vecchiette azzimate di scrivere per la lotta di classe e il proletariato. A me che gli unici poeti che avevo letto erano Yates, Esenin, Eliot, Seferis e Beckett mi pareva di essere subito convinto che quella era la strada di oggi, ma lì mi ci aveva portato un amico coetaneo molto più addentro alle cose di poesia mentre io sentii solo Sanguineti un po'alticcio di due o tre negroni ed ero già disposto ad applaudire incondizionato. Invece uscimmo prima e fuori con l'amico portammo via un cartone pubblicitario di quelli che stanno a terra vicino alle edicole. Sopra ci scrivemmo un "manifesto demistificazionista": lui aveva le idee chiare e Sanguineti non gli era piaciuto. Lui amava Sereni. Insomma a me un po' l'idea di avanguardia invece piaceva perchè non riguardava Milano, la resistenza, la storia etc... mi piaceva perché la sentivo pura letteratura che era quello che mi piaceva e anche se non si capiva, anche se non dava emozioni-perugina tanto meglio. In ogni caso di quel manifesto in versi ricordo il verso "Sanguineti sei stato, non lo nego / e me ne frego". Che pessimo inizio nel campo. Sì perché io qui già nel campo ho già fatto un tremendo passo falso e chi leggesse potrebbe dedurre dall'insoffernza per la poesia del compagno Edoardo che ero un diciassettene reazionario. E invece per me era lo stesso spirito che quando Sanguineti era allo zenit, faceva scrivere negli anni Settanta sui muri di Bologna "Gaime Pintor chi legge" come avevo visto in una vignetta di Pazienza, o, ad un livello storico del tutto diverso, andando ancora a ritroso nel tempo, lo spirito che mosse inpolitici nati a gesti nuovi: Luciano Erba in spalla ad un amico nell'attuale via Washington a Milano, allora dedicata ad un figlio di Mussolini morto in un incidente aereo nel 1941. "Via Bruno Mussolini". Sotto il nome della via Luciano scrive "Adesso via anche il padre". Talento.
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